Cartoline dal Festival dell’Economia

Ci siamo lasciati alle spalle il Festival dell’Economia anche quest’anno.
Cattura3Per quattro giorni una mareggiata arancione ha investito la città insinuandosi negli angoli più reconditi: arredi urbani, stand, biciclette, vetrine, tazze, borsette e persino il colore degli spritz pareva più intenso del solito.
Addirittura, per incoraggiare la partecipazione degli studenti al Festival e per consegnare gli spazi universitari alle sue esigenze, l’Ateneo ha chiuso aule studio e laboratori di diversi dipartimenti.
Tutto sembrava voler trasmettere l’immagine di una manifestazione gioiosa, solare e ottimista.
Ci siamo espressi sin da subito circa ciò che per noi quest’occasione rappresenta (qui) e non lo abbiamo fatto certo per purismo ideologico o per incarnare il ruolo dei “soliti grigi guastafeste”.
Ci preme ribadire che un po’ di addobbi e di stand patinati sparsi per le vie del centro non sono sufficienti a farci dimenticare le nefandezze che, a nome della ragion di mercato, vengono portate avanti ogni giorno, in ogni parte del mondo, così come a due passi da noi.
E ci è capitato di notare, in giro per la città, alcune dimostrazioni di dissenso che stridevano col generale clima di festa.
Nelle scorse giornate sono apparsi dei programmi aggiornati del Festival, che pare abbia deciso di cambiare all’ultimo momento il suo nome in “Festival dell’Economia. I luoghi dello sfruttamento”, nonché di mettere nero su bianco a cosa servono le riforme del mercato del lavoro e che peso abbia l’industria bellica nell’economia e nelle finanza italiane.

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Manifesto che mostra un autentico luogo della crescita...

Manifesto che mostra un autentico luogo della crescita…

In maniera simile, anche decine di opuscoli del programma hanno subito correzioni dell’ultima ora.
Decisamente una scelta coraggiosa e in controtendenza da parte della direzione del Festival!

Opuscolo aggiornato del Festival

Opuscolo aggiornato del Festival

Sono comparsi anche diversi manifesti in solidarietà alle rivolte francesi contro Loi Travaille e Ètat d’Urgence.
Inoltre mentre il gioioso e colorato Festival proseguiva con l’ausilio di una massiccia presenza di reparti anti-sommossa, volanti e DIGOS, alcune contestazioni hanno comunque avuto luogo.
Sabato 4 giugno l’incontro su “Turchia ed Europa”, che vedeva come ospiti un esponente del Fondo Monetario Internazionale e un responsabile del think tank turco EDAM, è stato contestato da un gruppo di compagni che, con uno striscione (“No agli accordi UE-Turchia. Erdogan assassino. Solidarietà con il Rojava che resiste”) si sono posizionati accanto all’ingresso del Dipartimento di Giurisprudenza. Sono stati fatti alcuni interventi e distribuiti volantini circa quanto sta accadendo in Turchia e su come ciò non sia così slegato da quanto avviene al Brennero o a Ventimiglia. Di seguito il testo del volantino:

Turchia

Da menzionare infine l’iniziativa dei sindacati di base trentini che hanno indetto per domenica 6 giugno due diverse manifestazioni per contestare rispettivamente Boschi e Poletti.

Festival dell’Economia: non c’è nulla da festeggiare!

Come ogni anno ritorna l’appuntamento del Festival dell’Economia, con il consueto contorno mediatico, da parte di giornali locali e nazionali, manifesti, depliant e gadget.
Partiamo da un dato di fatto.
Il Festival dell’Economia è la passerella della classe dirigente italiana e internazionale.
Non mancano all’appuntamento gran parte dei politici, dei tecnici e degli imprenditori che “contano”.
Vengono presentate le politiche attuali e discusse quelle future.
In particolare il tema portante, di edizione in edizione, resta quello eufemisticamente descritto come del “Mercato del Lavoro e delle sue riforme”.
Riforme che sperimentiamo sulla pelle nostra e di chi ci sta intorno, e che non stanno facendo altro che avvallare e affinare gli strumenti dello sfruttamento odierno: si scrive “voucher” e “apprendistato”, ma si legge “lavorare per poco o addiritttura gratis”.
Per non parlare in generale di tuti quei politici che con il loro operato hanno ampiamente contribuito a produrre quel mondo di gabbie in cui viviamo, con quei lager della democrazia che sono i CIE, e quell’immenso cimitero per migranti che è diventato il Mar Mediterraneo, sulle cui sponde vengono foraggiati i cari alleati nel contrasto all’immigrazione e nello sfruttamento capitalistico delle risorse (dal turco Erdogan all’egiziano Al-Sisi).
Il partner della kermesse è Intesa San Paolo, che oltra ad essere coinvolta nel finanziamento delle Grandi Opere come il TAV, è una delle principali finanziatrici di Finmeccanica, che alimenta e specula sui conflitti in giro per il mondo.
I luoghi della crescita insomma sono anche luoghi di guerra.

Non c’è nulla da festeggiare, perché l’economia, questa economia basata sul profitto e sullo sfruttamento – dove c’è l’uno c’è anche l’altro, è questo che ci insegna in ultima analisi l’economia politica – produce morti a palate e rende le vite di tanti un autentico inferno.
Qualcuno obietterà che al Festival non ci sono solamente quelli che, con un francesismo, possiamo definire dei pezzi di merda, ma ci sono anche voci critiche, che vengono a parlare di ambientalismo, critica allo sviluppo, diritto alla città.
Questo è un altro dato di fatto, che però non cambia il senso ultimo della manifestazione.
Che sia dato spazio a qualche voce fuori dal coro, fa parte del gioco della democrazia liberale: ognuno ha il diritto a esprimere la propria opinione (magari non proprio tutti, dipende dal tipo di opinione), basta che non ci si opponga nel pratico alle decisioni prese a nome di tutti e tutte.
È quello che abbiamo visto fare per il TAV in Val di Susa, e nel piccolo anche in Trentino: quando ci si oppone a decisioniche arrichiscono poche aziende e alimentano un sistema clientelare nel nome del Capitale, arrivano i manganelli delle forze dell’ordine (costituito) e le denunce.

Vorrebbero che andassimo tutte e tutti ad applaudire i loro discorsi o che ci accontentassimo di ascoltare una conferenza critica, senza scalfire minimamente l’autorevolezza e la legittimità di chi governa e dispone.
Dalla Francia in rivolta ci viene un invito ad agire diversamente.
Boicottiamo il Festival dell’Economia e ricordiamoci ogni giorno di chi sono le responsabilità dei problemi che viviamo.

VolantinoFestivalCOLORI