Porte aperte o porte in faccia?

La settimana scorsa in occasione delle Porte Aperte in università, abbiamo distribuito il seguente testo, per parlare dei tagli alle borse di studio e delle implicazioni dell’ateneo trentino nella ricerca bellica. Nel dipartimento di Lettere abbiamo scoperto che, a quanto pare, per volantinare all’interno delle strutture universitarie occorre prima far visionare il testo allo staff del dipartimento. Nulla di comtemplato nel regolamento, ci è stato detto, ma “una prassi” per facilitare una “condivisione delle idee”. Evidentemente anche un semplice volantinaggio turba la facciata dell’ateneo in una giornata come quella delle porte aperte. All’amministrazione universitaria dà fastidio che degli studenti si rivolgano alle future matricole per parlare di questioni spinose che riguardano l’attuale gestione dell’università. porteinfaccia

Nuovo ISEE e borse di studio. Cosa sta succedendo?

logo-borse-di-studio Questo Settembre il Consiglio d’Amministrazione dell’Ateneo di Trento ha approvato la riforma della tassazione. Il 7 ottobre la giunta provinciale ha approvato la delibera con gli indirizzi generali all’Opera universitaria per la programmazione degli interventi sul diritto allo studio.
Ci sembrano due novità non di poco conto, che meritano di essere analizzate in modo congiunto.

Una riforma della tassazione che tocca tutti e conviene a pochi.
La riforma della tassazione ruota attorno al passaggio dall’Icef al nuovo Isee introdotto dal governo Renzi: un passaggio già verificatosi a livello nazionale e che ora toccherà anche la Provincia Autonoma di Trento. Comprendere l’entità di tale mutamento è fondamentale, per questo ne parleremo più avanti in modo più approfondito.
A Trento, una volta abolita la suddivisione in fasce, l’adozione del nuovo Isee dovrebbe, secondo gli autori della riforma, tradursi in una maggiore proporzionalità. Sebbene tale soluzione venga pubblicizzata come maggiormente egualitaria, alcuni elementi sembrano raccontare una storia diversa. Ad esempio, per coloro che attualmente appartengono alla fascia 13 della tassazione è stato previsto un tetto massimo. Tale fascia, la più numerosa (si parla del 40% degli iscritti) nonché l’ultima, finora ha raccolto al suo interno studenti con redditi estremamente diversi.
Peccato che, a fianco della creazione di una no-tax area per i redditi più bassi, sia stata posta una clausola che prevede un tetto di salvaguardia per coloro che dichiarano i redditi più alti, i quali non avranno un aumento di tasse superiore al 20%. In poche parole, chi dovrebbe pagare di più in proporzione, qualcosa in più lo pagherà certamente… ma fino a un certo punto e SENZA ESAGERARE!

Un indicatore più equo?
Ma il passaggio all’Isee comporterà anche ben altre ricadute.
A differenza dell’Icef che si basa sul reddito netto, cioè il guadagno effettivo di un nucleo famigliare, l’Isee dà maggiore peso al patrimonio: quindi auto, beni immobili e conti correnti. Il nuovo Isee, in particolare, gonfierebbe i redditi di chi in realtà ricco non è ma magari ha familiari con auto intestate o case di proprietà. La stessa borsa di studio dell’anno precedente verrebbe considerata un reddito effettivo, andando ad aumentare l’entità del proprio Isee. Si tratta di una truffa bella e buona, che ha già mostrato i suoi effetti nel resto d’Italia, dove si è passati dal vecchio Isee al nuovo Isee, dunque da un indicatore non proprio equo ad uno che lo è ancora meno, e con un notevole impatto: a Pisa ad esempio si è parlato di perdita di borsa di studio e di posto alloggio per il 25% degli studenti.
In Trentino, lo ricordiamo, si passerà direttamente al nuovo Isee, quindi ci si può aspettare che le conseguenze siano più pesanti: infatti il cambiamento da Icef (un indicatore composto in maniera tutto sommato equa) a nuovo Isee ci pone in una posizione sfavorevole, facendoci scivolare bruscamente verso una situazione addirittura peggiore rispetto a quanto già osservato nel resto d’Italia.
Secondo le stime dei sindacati studenteschi e riportate dai giornali, Il 40% di coloro che attualmente avrebbero diritto alle borse di studio ne sarebbero esclusi. Inoltre l’importo delle borse per gli studenti fuorisede diminuisce, mentre aumenta l’importo per gli studenti insede. Questo penalizzerebbe i primi che, osservando le graduatorie dell’anno 2015-2016, corrispondono al 54% dei beneficiari, e sono coloro che maggiormente necessitano di un contributo, dovendo vivere e pagare l’affitto in una delle città più care di Italia. È emblematica da questo punto di vista la dichiarazione dell’assessora all’Università e Ricerca Ferrari che, durante un confronto con la Rete degli Studenti Universitari del Trentino, messa di fronte all’eventualità che molte persone non potranno permettersi di venire a studiare a Trento ha laconicamente risposto che “studieranno da un’altra parte”. Questa è la posizione di una delle principali responsabili del peggioramento in atto: vogliamo accettarla passivamente?

I fondi ci sono… ma come vengono utilizzati?
Da quando l’Ateneo di Trento è sotto il controllo provinciale e non più statale, di fatto Provincia e Ateneo sono la stessa cosa. Per la classe dirigente trentina avere la gestione diretta dell’Università è stata anche un’occasione per compiere autentiche speculazioni, su tutte la realizzazione della nuova biblioteca universitaria alle Albere. Un’opera faraonica che, attraverso una abile lavoro di squadra, ha consentito lo spostamento di fondi pubblici su un progetto immobiliare, quello delle Albere, che altrimenti sembrava non vedere grossi acquirenti.
La realizzazione della biblioteca è in mano alla Provincia (attraverso la società Patrimonio del Trentino) e ha favorito la finanziaria della Curia, comproprietaria delle Albere, di cui era azionista l’ex-rettrice De Pretis (cioè colei che ha premuto perché la nuova biblioteca universitaria non venisse realizzata a San Severino ma presso la zona morta delle Albere).
La spesa complessiva per la Biblioteca di Renzo Piano si aggira sui 43 milioni di euro (10 milioni per la riconversione dell’originale auditorium in biblioteca) ed è a carico della Provincia… ma abbiamo capito ormai che Provincia e Ateneo sono vasi comunicanti.
Se poi andiamo a guardare altre opere (e speculazioni) volute dalla Provincia, come il Tav del Brennero, notiamo che per il solo finanziamento del tunnel ferroviario di base del Brennero e della linea di accesso Sud la Provincia di Trento (che non è la sola finanziatrice dell’opera) ha finora speso, stanziato o perduto incassi per circa 57 milioni di Euro. Fra le altre cose l’Alta Velocità ha avuto tra i suoi tanti fautori e registi anche l’attuale presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’Ateneo, Innocenzo Cipolletta, fino al 2010 presidente delle Ferrovie dello Stato (e che nel 2014 dichiarava un reddito di 734.000 euro).
I fondi, insomma, non mancano di certo. Piuttosto la questione è come vengano utilizzati e a favore di chi.

…e quindi?
Restare immobili davanti alla realtà attuale significherebbe accettare passivamente un cambiamento peggiorativo per noi e per i futuri studenti di questo Ateneo. Ci troviamo in un contesto, quello della Provincia Autonoma, relativamente ristretto e circoscritto rispetto alla realtà nazionale, dove diversi poteri sono nelle mani della politica locale ed individuare i diretti responsabili di provvedimenti come quello della nuova tassazione e del nuovo diritto allo studio non richiede grande sforzo.
Ce li abbiamo quasi a portata di mano… e allora andiamoli a cercare.

Dato che la situazione è in divenire, terremo sul blog una sezione in aggiornamento sulle notizie che usciranno da qui in avanti. A breve pubblicheremo anche data e indizione di un assemblea con alcuni studenti di altri atenei che hanno lottato contro il nuovo Isee.

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Cartoline dal Festival dell’Economia

Ci siamo lasciati alle spalle il Festival dell’Economia anche quest’anno.
Cattura3Per quattro giorni una mareggiata arancione ha investito la città insinuandosi negli angoli più reconditi: arredi urbani, stand, biciclette, vetrine, tazze, borsette e persino il colore degli spritz pareva più intenso del solito.
Addirittura, per incoraggiare la partecipazione degli studenti al Festival e per consegnare gli spazi universitari alle sue esigenze, l’Ateneo ha chiuso aule studio e laboratori di diversi dipartimenti.
Tutto sembrava voler trasmettere l’immagine di una manifestazione gioiosa, solare e ottimista.
Ci siamo espressi sin da subito circa ciò che per noi quest’occasione rappresenta (qui) e non lo abbiamo fatto certo per purismo ideologico o per incarnare il ruolo dei “soliti grigi guastafeste”.
Ci preme ribadire che un po’ di addobbi e di stand patinati sparsi per le vie del centro non sono sufficienti a farci dimenticare le nefandezze che, a nome della ragion di mercato, vengono portate avanti ogni giorno, in ogni parte del mondo, così come a due passi da noi.
E ci è capitato di notare, in giro per la città, alcune dimostrazioni di dissenso che stridevano col generale clima di festa.
Nelle scorse giornate sono apparsi dei programmi aggiornati del Festival, che pare abbia deciso di cambiare all’ultimo momento il suo nome in “Festival dell’Economia. I luoghi dello sfruttamento”, nonché di mettere nero su bianco a cosa servono le riforme del mercato del lavoro e che peso abbia l’industria bellica nell’economia e nelle finanza italiane.

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Manifesto che mostra un autentico luogo della crescita...

Manifesto che mostra un autentico luogo della crescita…

In maniera simile, anche decine di opuscoli del programma hanno subito correzioni dell’ultima ora.
Decisamente una scelta coraggiosa e in controtendenza da parte della direzione del Festival!

Opuscolo aggiornato del Festival

Opuscolo aggiornato del Festival

Sono comparsi anche diversi manifesti in solidarietà alle rivolte francesi contro Loi Travaille e Ètat d’Urgence.
Inoltre mentre il gioioso e colorato Festival proseguiva con l’ausilio di una massiccia presenza di reparti anti-sommossa, volanti e DIGOS, alcune contestazioni hanno comunque avuto luogo.
Sabato 4 giugno l’incontro su “Turchia ed Europa”, che vedeva come ospiti un esponente del Fondo Monetario Internazionale e un responsabile del think tank turco EDAM, è stato contestato da un gruppo di compagni che, con uno striscione (“No agli accordi UE-Turchia. Erdogan assassino. Solidarietà con il Rojava che resiste”) si sono posizionati accanto all’ingresso del Dipartimento di Giurisprudenza. Sono stati fatti alcuni interventi e distribuiti volantini circa quanto sta accadendo in Turchia e su come ciò non sia così slegato da quanto avviene al Brennero o a Ventimiglia. Di seguito il testo del volantino:

Turchia

Da menzionare infine l’iniziativa dei sindacati di base trentini che hanno indetto per domenica 6 giugno due diverse manifestazioni per contestare rispettivamente Boschi e Poletti.

Festival dell’Economia: non c’è nulla da festeggiare!

Come ogni anno ritorna l’appuntamento del Festival dell’Economia, con il consueto contorno mediatico, da parte di giornali locali e nazionali, manifesti, depliant e gadget.
Partiamo da un dato di fatto.
Il Festival dell’Economia è la passerella della classe dirigente italiana e internazionale.
Non mancano all’appuntamento gran parte dei politici, dei tecnici e degli imprenditori che “contano”.
Vengono presentate le politiche attuali e discusse quelle future.
In particolare il tema portante, di edizione in edizione, resta quello eufemisticamente descritto come del “Mercato del Lavoro e delle sue riforme”.
Riforme che sperimentiamo sulla pelle nostra e di chi ci sta intorno, e che non stanno facendo altro che avvallare e affinare gli strumenti dello sfruttamento odierno: si scrive “voucher” e “apprendistato”, ma si legge “lavorare per poco o addiritttura gratis”.
Per non parlare in generale di tuti quei politici che con il loro operato hanno ampiamente contribuito a produrre quel mondo di gabbie in cui viviamo, con quei lager della democrazia che sono i CIE, e quell’immenso cimitero per migranti che è diventato il Mar Mediterraneo, sulle cui sponde vengono foraggiati i cari alleati nel contrasto all’immigrazione e nello sfruttamento capitalistico delle risorse (dal turco Erdogan all’egiziano Al-Sisi).
Il partner della kermesse è Intesa San Paolo, che oltra ad essere coinvolta nel finanziamento delle Grandi Opere come il TAV, è una delle principali finanziatrici di Finmeccanica, che alimenta e specula sui conflitti in giro per il mondo.
I luoghi della crescita insomma sono anche luoghi di guerra.

Non c’è nulla da festeggiare, perché l’economia, questa economia basata sul profitto e sullo sfruttamento – dove c’è l’uno c’è anche l’altro, è questo che ci insegna in ultima analisi l’economia politica – produce morti a palate e rende le vite di tanti un autentico inferno.
Qualcuno obietterà che al Festival non ci sono solamente quelli che, con un francesismo, possiamo definire dei pezzi di merda, ma ci sono anche voci critiche, che vengono a parlare di ambientalismo, critica allo sviluppo, diritto alla città.
Questo è un altro dato di fatto, che però non cambia il senso ultimo della manifestazione.
Che sia dato spazio a qualche voce fuori dal coro, fa parte del gioco della democrazia liberale: ognuno ha il diritto a esprimere la propria opinione (magari non proprio tutti, dipende dal tipo di opinione), basta che non ci si opponga nel pratico alle decisioni prese a nome di tutti e tutte.
È quello che abbiamo visto fare per il TAV in Val di Susa, e nel piccolo anche in Trentino: quando ci si oppone a decisioniche arrichiscono poche aziende e alimentano un sistema clientelare nel nome del Capitale, arrivano i manganelli delle forze dell’ordine (costituito) e le denunce.

Vorrebbero che andassimo tutte e tutti ad applaudire i loro discorsi o che ci accontentassimo di ascoltare una conferenza critica, senza scalfire minimamente l’autorevolezza e la legittimità di chi governa e dispone.
Dalla Francia in rivolta ci viene un invito ad agire diversamente.
Boicottiamo il Festival dell’Economia e ricordiamoci ogni giorno di chi sono le responsabilità dei problemi che viviamo.

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Nuovo numero di Sabot! Giovedì 7 aprile presentazione e dibattito

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E’ USCITO IL SECONDO NUMERO DI SABOT!
Lo trovate in Aula Rostagno, in giro per la città e qui sul blog.

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Un numero il cui tema principale sono i confini.
Confini nazionali sempre più impermeabili e respingenti: la Fortezza Europa si difende col filo spinato e rigetta il tanto acclamato principio di libera circolazione.
Confini all’interno delle città che mirano a marginalizzare quelle categorie ritenute “portatrici di degrado”.
Confini relazionali, spesso difficili da cogliere, che condizionano le nostre esistenze.
Abbiamo cominciato a ragionare su queste frontiere innanzitutto per imparare a riconoscerle: identificarle è il presupposto necessario a combatterle.

GIOVEDi’ 7 ci vediamo in Aula Rostagno alle 18:00 per discuterne insieme!