Festival dell’Economia: non c’è nulla da festeggiare!

Come ogni anno ritorna l’appuntamento del Festival dell’Economia, con il consueto contorno mediatico, da parte di giornali locali e nazionali, manifesti, depliant e gadget.
Partiamo da un dato di fatto.
Il Festival dell’Economia è la passerella della classe dirigente italiana e internazionale.
Non mancano all’appuntamento gran parte dei politici, dei tecnici e degli imprenditori che “contano”.
Vengono presentate le politiche attuali e discusse quelle future.
In particolare il tema portante, di edizione in edizione, resta quello eufemisticamente descritto come del “Mercato del Lavoro e delle sue riforme”.
Riforme che sperimentiamo sulla pelle nostra e di chi ci sta intorno, e che non stanno facendo altro che avvallare e affinare gli strumenti dello sfruttamento odierno: si scrive “voucher” e “apprendistato”, ma si legge “lavorare per poco o addiritttura gratis”.
Per non parlare in generale di tuti quei politici che con il loro operato hanno ampiamente contribuito a produrre quel mondo di gabbie in cui viviamo, con quei lager della democrazia che sono i CIE, e quell’immenso cimitero per migranti che è diventato il Mar Mediterraneo, sulle cui sponde vengono foraggiati i cari alleati nel contrasto all’immigrazione e nello sfruttamento capitalistico delle risorse (dal turco Erdogan all’egiziano Al-Sisi).
Il partner della kermesse è Intesa San Paolo, che oltra ad essere coinvolta nel finanziamento delle Grandi Opere come il TAV, è una delle principali finanziatrici di Finmeccanica, che alimenta e specula sui conflitti in giro per il mondo.
I luoghi della crescita insomma sono anche luoghi di guerra.

Non c’è nulla da festeggiare, perché l’economia, questa economia basata sul profitto e sullo sfruttamento – dove c’è l’uno c’è anche l’altro, è questo che ci insegna in ultima analisi l’economia politica – produce morti a palate e rende le vite di tanti un autentico inferno.
Qualcuno obietterà che al Festival non ci sono solamente quelli che, con un francesismo, possiamo definire dei pezzi di merda, ma ci sono anche voci critiche, che vengono a parlare di ambientalismo, critica allo sviluppo, diritto alla città.
Questo è un altro dato di fatto, che però non cambia il senso ultimo della manifestazione.
Che sia dato spazio a qualche voce fuori dal coro, fa parte del gioco della democrazia liberale: ognuno ha il diritto a esprimere la propria opinione (magari non proprio tutti, dipende dal tipo di opinione), basta che non ci si opponga nel pratico alle decisioni prese a nome di tutti e tutte.
È quello che abbiamo visto fare per il TAV in Val di Susa, e nel piccolo anche in Trentino: quando ci si oppone a decisioniche arrichiscono poche aziende e alimentano un sistema clientelare nel nome del Capitale, arrivano i manganelli delle forze dell’ordine (costituito) e le denunce.

Vorrebbero che andassimo tutte e tutti ad applaudire i loro discorsi o che ci accontentassimo di ascoltare una conferenza critica, senza scalfire minimamente l’autorevolezza e la legittimità di chi governa e dispone.
Dalla Francia in rivolta ci viene un invito ad agire diversamente.
Boicottiamo il Festival dell’Economia e ricordiamoci ogni giorno di chi sono le responsabilità dei problemi che viviamo.

VolantinoFestivalCOLORI